Fan del cinema horror potrebbero riconoscere il nome Tommy Wirkola, regista norvegese meglio noto per la sua serie di zombi nazisti Dead Snow e il simpatico (ma mediocre) Hansel & Gretel Witch Hunters, un action horror con Jeremy Renner e Gemma Arterton nei panni dei titolari protagonisti, ma responsabile anche di Kill Buljo, la parodia norvegese di Kill Bill, della quale parleremo sicuramente su queste pagine, più avanti.
Stavolta il regista tenta la fortuna in un territorio a lui prima ignoto, ovvero quello della fantascienza, con Seven Sisters (il cui titolo italiano – e presumo internazionale – è una volta tanto migliore del titolo originale “What happened to Monday”), con Noomi Rapace, Glenn Close e William Dafoe nel cast, uscito nelle sale italiane il 30 novembre 2017.
É ancora una volta il futuro distopico ma non troppo lontano, e tra le catastrofi e crisi, viene ideato un piano per arginare la sovrappopolazione e la mancanza di risorse che ne deriva, istituendo la politica del figlio unico, il che non è molto fantascientifico visto che fu in vigore in Cina per molto tempo (e fu abolita nel 2013), ma torniamo a parlare del film.
Con questa legge, quindi è permesso un solo concepimento per nucleo familiare, con i figli in eccessi ibernati come una scatola di bastoncini carote e piselli. Ma quando da un parto (che uccide la madre) nascono sette sorelle gemelle, il loro nonno (interpretato da William Dafoe) decide di nasconderle al mondo, dando loro un nome basato su un giorno della settimana, e facendole uscire sotto un’unico nome (quello della madre morta) una alla volta, il loro rispettivo giorno, con l’obbligo di non fare parola a nessuno delle altre sorelle. Le cose si complicano quando Lunedì non ritorna, e per scoprire cosa è successo alla sorella le altre dovranno andare contro le regole, uscendo fuori dal loro giorno prestabilito…
Lasciando perdere la concenzione errata che nel mondo reale (quello in cui probabilmente esistete) siamo troppi e non c’è cibo per tutti che sta alla base di trame queste (perchè è una cazzata che non ci sia da mangiare per tutti, con i sistemi attuali di produzione e distribuzione)… anzi, non lasciamo perdere questo. Ora, capisco lo scenario fantascientifico in cui il big problema è la sovrappopolazione, è una cosa comune, specialmente in questo ambito specifico del cyberpunk (immagino si possa considerare tale), ed è un buon pretesto su cui costruire lo scenario del tuo film distopico.
Ma appunto, questi film funzionano anche in virtù del fatto che creano mondi futuristici in cui le cose sono andate per il peggio, con situazioni non avvenute nella realtà che però non vediamo come così improbabili. Perdono efficacia quando – come dicevo prima – una politica del genere (meno le squadre della morte con le pistole cyberpunk) è stata attuata in Cina realmente e poi abolita perchè risultata di fatto inutile. Questo è qualcosa che poteva benissimo uscire nei tardi anni 80 ed anni 90, come idea di distopia, il che qualcuno potrà vedere come un punto a favore, ma a me sembra solo writing antiquato. Non brutto, ma antiquato.
Detto ciò, Seven Sisters non è affatto male, e nonostante il suo mondo distopico sia trito e poco interessante, la premessa lo è, visto che permette di avere 7 Noomi Rapace che alzano il livello meta del film a livelli considerevoli, e l’idea che debbano vivere nascoste e risultare tutte la stessa persona porta idee interessanti (come il fatto che debbano condividere le esperienze della giornata con le altre per tenerle sempre aggiornate e non fare saltare la copertura) anche a scene assai grafiche, non troppo sorprendente considerato il retaggio horror del regista norvegese, ma è comunque raro vedere un film di fantascienza con così tante dita tagliate. Il che considero un “più”, nel caso aveste dubbi a riguardo. 😉
Le scene d’azione sono di simile tono, brutali, grafiche, e soddisfacenti, anche a se volte il montaggio rende confusionari alcuni passaggi, quando il tutto non prende risvolti un po’ ridicoli (come una sorella che urla mentre spara come John Rambo per il tono altrimenti prevalentemente drammatico del film, ma accadrà qualcos’altro di più crudo che vi ricorderà come questo film non si faccia molti problemi ad uccidere brutalmente i suoi personaggi.
L’intreccio è decente ma dopo che la copertura delle sorelle salta, il film lascia intravedere il colpo di scena e svia lo spettatore da esso in maniera non troppo convincente, non che la rivelazione finale sia troppo sorprendente (e qui farei degli esempi, ma rischio di spoilerarvi indirettamente diverse cose), lasciando perdere l’atto finale in cui l’antagonista quasi cartoonesca del film (fa di cognome Cayman, per dire) è vinta in un modo uber-clichè, roba che sembra provenire da 2/3 decadi passate, un clichè non particolarmente bello, anzi.
Poi ci sono cose che il film semplicemente abbandona, come “nonno Dafoe” che semplicemente sparisce dal film (si può presumere sia morto nel frattempo, ma nessuno ne parla e riappare solo via flashback) e non è mai spiegato bene perchè il tizio dell’ufficio in cui lavora “Karen Settman” (nome subdolo, sì) sia a conoscenza del loro segreto. E sì, la spiegazione che il film dà …..non spiega davvero bene, è messa lì solo per confondere il pubblico e non i personaggi, non è neanche una cosiddetta red herring (nessuno cerca di far passare lui per il cattivone occulto dietro tutto), rendendo il suo personaggio pessimo ed un cattivo esempio di sceneggiatura.

Glenn Close che sembra voler canalare Joe Don Boker, quello di Final Justice.
Parlando dei personaggi, Glenn Close è un’attrice abile di vecchia data che è sprecata in un ruolo quasi caricaturale del “cattivo folle distopico che credeva davvero di agire per il bene del popolo uccidendolo”, Dafoe invece da una buona performance per quello che è un ruolo minore, considerato come la protagonista/e sia Noomi Rapace in una prova di recitazione davvero spossante, visto il dover rappresentare 7 sorelle gemelle dalle diverse personalità che devono fingere di essere la stessa persona (che di fatto sono) al mondo. Peccato che a volte Noomi si esibisca in smorfie un po’ esagerate, anche per la parte, ma non è poi davvero fuori tono con la direzione generale data agli attori, ed è innegabile che abbia fatto un ottimo lavoro.
Peccato che sia quasi più caratterizzato un personaggio aiutante (che ha un arco narrativo, a sorpresa) che certe singole sorelle, visto che la loro caratterizzazione è stereotipata, non troppo, ma è difficile dire che non lo è quando c’è quella con i capelli alla Monroe dal fare sornione, quella coi capelli corti da maschiaccio ( “sorella Angst”, se volete), quella ossessionata con la palestra che si allena a combattere contro un sacco d’allenamento, o quella “nerd” con il beanie, occhiali e vestiti sgualciti. La loro caratterizzazione ha quindi un retrogusto al puffo, giusto un pò, sebbene non sia orrenda.
Commento Finale
Seven Sisters segna il debutto di Tommy “Dead Snow” Wirkola nel cinema di fantascienza, e sì, è meglio del Ghost In The Shell di Rupert Sanders. E sì, continuerò a fare questo paragone.
Il problema del film è che molto della sua trama e del suo mondo sembra provenire da film di fantascienza di 20 e passa anni fa, con l’idea della “politica del figlio unico” che sembra assai poco futuristica quando nella realtà è stata applicata davvero e poi abolita in quanto non efficace. La premessa rimane comunque interessante, con sette sorelle che devono nascondersi al mondo e risultare una sola persona agli occhi del regime, e porta ad interessanti scene come vedere le sorelle osservare le azioni delle altre per non rompere l’illusione orchestrata e continuata da anni.

Capelli cyberpunk: ci sono.
Le scene d’azione sono a volte montate in maniera confusionaria, ma sono godibili e non si trattengono dal diventare brutali, con personaggi uccisi a sangue freddo senza troppe cerimonie e più amputazioni involontarie di falangi della media dei film sci-fi distopici, ma questo succede quanto hai un regista più versato in film horror. 🙂
L’intreccio è ok, peccato che molti dei colpi di scena siano prevedibili (non troppo, ma abbastanza), e specialmente l’atto finale metta il cattivo nel sacco in un modo clichè e cartoonesco come il personaggio stesso (interpretato da Glenn Strange, che appare sprecata in questo film), di nuovo, roba che fa sembrare questo film uscito dai tardi anni ’80/ inizio anni ’90. Sì “argomento dell’anno corrente”, etc.
Dafoe fa un ruolo minore, vista la focalizzazione quasi totale su Noomi Rapace che fa ben 7 personaggi, recitando molto bene nelle multiple parti di sé stessa, con il contrappasso che le varie sorelle sono un po’ stereotipate (ed in alcuni casi molto stereotipate, come la sorella “old school nerd”), e la sceneggiatura in certi punti perde olio, notabilmente.

Hacking tiiimeee!!
Nonostante questi problemi, Seven Sisters è un film ok, molto ok (pure troppo), la definizione di qualcosa nella media in tutto e per tutto, più sulla cresta positiva dell’onda della mediocrità, vicino alla decenza ma ributtato nei flutti del “meh” da una sceneggiatura dal gusto antiquato con buchi e clichè nei punti importanti, ed un’antagonista quasi gigionesca.
Non esattamente il film di fantascienza definitivo che dovete vedere subito e che aggiunge qualcosa al genere, ma se la premessa vi stuzzica e non c’è altro di papabile da vedere (al cinema od altrove), non è malvagio. Non molto altro, ma non brutto.