Quando si parla di George A. Romero, spesso si ricorda Martin, Monkey Shines, perchè ha senso che quando si pensa a Romero (non quello di Daikatana, grazie al cielo), si pensa implicitamente a film dell’orrore. Non a film romantici, eppure sì, Giorgio tentò la sua fortuna anche in quel genere, con There’s Always Vanilla, uscito nel 1971, mai tradotto e commercializzato in Italia (mai uscito dall’america, almeno stando a IMDB), ed un film che – di solito – non viene mai fuori quando si parla di Romero.
Il perchè non ve lo sto a dire ad inizio recensione. 🙂
La trama verte su Chris, un tizio che ritorna nella sua città natale di Pittsburgh (dopo aver parlucchiato di sé, interrotto subito dal montaggio che ci fa vedere “l’incredibile macchina”, immagino fosse una specie di cosa di Pittsburgh del 1970-71, perchè ritorna anche verso la fine del film e non vi viene mai dato il contesto), lasciando da parte il suo lavoro di musicista/produttore di cui è stanco (credo), e fin dall’inizio continuando ad intervenire parlando di cose e persone per cui non avete ancora nessun contesto, tagliando su scene passate (e non) che coinvolgono esse…. così, in maniera aleatoria e confusionaria, riempiendovi fin da subito di personaggi che potete solo presumere avranno importanza per la trama.
Potreste pensare che ciò sia sistemato dal fatto che Chris stesso racconta tutte le vicende postume ed interviene per commentare o dire qualcosa a riguardo, ma raramente dice qualcosa di interessante o che serve davvero a delineare meglio il personaggio, e diventa un fastidio vederlo far capolino (di nuovo) grazie al montaggio, ancor più perchè la tecnica non è ben utilizzata, e non aggiunge nulla alla narrazione, anzi, dimostra poca fiducia il non voler lasciar parlare il film per sé, ribadendo cose chiare o facilmente intuibili in intervalli che, seppur brevi, sono così tanti da rovinare il ritmo della narrazione.
E la narrazione di per sé…. non è interessante, visto che Chris è un protagonista ora blando, ora un po’ tanto stronzo, quel tipo di personaggio trasognato e che è rude nei modi (più che nelle intenzioni), ma non è molto gradevole, un problema non da poco quando in un film romantico non vi interessa del protagonista o del suo compagno/a (o dello pseudo-triangolo), quando la relazione amorosa è noiosa e clichè, e vi chiedete per quanto ancora dovrete vedergli limonare, fare conversazione o battibeccare come una coppia sposata, veder lui affidarsi troppo a lei, non fare niente per cercare un lavoro e poi frustrarsi per questo, perchè non vi interessa di loro, per niente.
Non è neanche la coppia peggiore che abbia mai visto in un film romantico o nulla del genere, ma le loro avventure e miserie non ispirano altro che apatia o tiepida sopportazione in quanto non fa davvero così schifo, solo verso la fine succede qualcosa di meno lobotomico, e la dice lunga che , anche mettendo in extremis il tema dell’aborto clandestino (con scene da inquadrature e toni thriller/horror, le più interessanti di tutto il girato, e durano poco), il film rimanga comunque incredibilmente noioso, anche giostrando tre fili narrativi si dorme.
Ci sono dei momenti e delle battute divertenti, ma non valgono la pena trascinarsi a vedere tutto il film per essi, non è un iperbole dire che, se non lo facessi di lavoro (circa), non sarei andato oltre i 20 minuti di questo film, è stato tutt’altro che un’esperienza interessante o consigliabile ad un altro essere senziente. Non mentirò dicendo il contrario.
L’unica cosa che ha un po’ di gravitas è stranamente il rapporto tra Chris ed il padre, che in una delle scene finali dice (title drop, in gergo) la frase che fa da titolo “c’è sempre la vaniglia”, una metafora sul gelato detta dal padre per far capire al figlio sognatore che non dovrebbe disdegnare un po’ di stabilità (emotiva e/o sociale), un invito gentile a non essere sempre un eterno indeciso al figlio che ancora non sa esattamente cosa vuole dalla vita.

Sono sicuro che c’era modo di infilarsene altre due (o farsi prestare un sigaro da Baby Herman), nel caso non fosse abbastanza cartoonesco di suo sto tizio.
Il finale è anch’esso in tono con il resto del film (il cast è accettabile per qualcosa del genere, cioè low budget e fatto localmente, nessun professionista, con nomi che ritorneranno in successivi film di Romero), ciò ci prova ma è blando, clichè volendo, e la simbologia dei palloncini nel frame finale è ovvia, un po’ troppo. È un film rozzo non solo a livello di regia, ma anche a livello tecnico, con alcune riprese stradali troppo mosse, un montaggio grezzo abbastanza da farmi credere che la pellicola fosse andata a male in alcuni frame.
La musica usata per i frequenti montaggi è senz’altro decente, rispecchia la decade del film stesso, orecchiabile, anche se a volte sembra leggermente fuori posto, e la scelta di usare un rumore fastidiosissimo per indicare che un personaggio non vuole ascoltare quello che dice un’altro…. grazie, grazie davvero dai miei timpani.
Ci sono poi i problemi che sorgono naturali dal fatto che questa è una pellicola anni ’70, quindi la qualità dell’immagine è quella che vi aspettate, quindi c’è sporcizia, frame graffiati, i soliti segni d’usura della pellicola, e non essendo mai stato rimasterizzato (posso capire che nessuno l’abbia mai considerato degno di restaurazione) si trovano versioni ulteriormente peggiorare in qualità in quanto prese e caricate su Youtube, dove ho trovato la mia copia. Non che interessi a qualcuno rimasterizzare questo film, e non gliene faccio cruccio.
Inoltre, non è un buon segno quando in un film che è – anche – sullo showbiz, non sono sicuro se gli attori stiano recitando in maniera calcata, quasi caricaturale, appunto per far vedere che stanno recitando per qualcosa interno al film stesso (uno spot sulla birra, in questo) o no. C’è un personaggio che pensavo fosse caricaturale perchè doveva fare uno spot od una scena, ma no, è così normalmente. Ottimo.

Poi, clown.
Commento Finale
Il secondo film di di George A. Romero non solo è strano in retrospettiva (un film romantico da un regista noto per l’horror), ma è stato quietamente dimenticato anche dai fan, ed è difficile biasimare altri critici e curatori di non portarlo in discussione quando si parla del regista, perchè… è davvero noioso e poco interessante, e nessuno lo andrebbe a cercare se non ci fosse scritto “diretto da George A. Romero” su IMDB.
A prescindere dalla curiosità che spinge a vedere film ignoti come questo, There’s Always Vanilla, di per sé, è tutt’altro che un buon film, un film romantico così mediocre che finisce in quel terribile limbo, non un film davvero orribile (anche se notabilmente rozzo a livello di regia e montaggio e con problemi), ma allo stesso tempo così generico e noioso che preferireste qualcosa di più brutto ma interessante, od almeno capace di tenervi svegli, perchè qui non vi importerà mai del protagonista e delle sue vicende amorose, né degli altri personaggi, il che è assai tanto troppo deleterio per un film romantico, direi.
Anche se il film è su Youtube e gratis perchè mai tradotto o commercializzato fuori dagli Stati Uniti, non lo consiglio per niente, a meno che non vogliate recensirlo, ed anche in tal caso, sono alcuni dei più lunghi 92 minuti che abbia mai visto, una poco piacevole esperienza in cui vi trascinerete a forza per vedere la parola “fine”.
Non il miglior modo di continuare la carriera dopo Night Of The Living Dead.