Disponibilità in Italia: Evento al cinema (20 e 21 novembre 2018)
–Bozza
Secondo appuntamento per la 7a stagione di Anime Al Cinema (dopo l’ottimo – se non eccelso – Mirai di Hosoda il mese scorso), che ci presenta il primo lungometraggio dello Studio Colorido, uno studio d’animazione relativamente giovane sulla scena, con diversi corti animati (alcuni originali, altri su commissione per fini pubblicitari) sotto il suo nome, ed un approccio agli standard lavorativi che (stando ai vari reportage fatti online) permette di non pressare e forzare al crunching lo staff, cosa rarissima in un’industria che romanticizza l’animatore (o disegnatore) che sta giorni senza vedere la famiglia od amici, continuando a lavorare sull’episodio o film pur di rientrare nelle massacranti
Personalmente non ho molta familiarità con questo studio, a parte quella pubblicità per Mc Donalds (parte di una campagna di recruiting per lavoratori part time) in cui incappai 2 anni fa, ma mi sento fiducioso, visto il non facile compito di dare una qualche vitalità propria ad una storia di un minuto, una che viene fuori come genuina, sebbene finalizzata a cercare gente da sottopagare per una delle maggiori multinazionali. Quindi, NON essendo Penguin Highway un veicolo per reclutare membri del Klan, ma un adattamento dell’omonimo romanzo di Tomihiko Morimi (vincitore del Japan SF Grand Prize di questo anno) diretto da Hiroyasu Ishida (noto per il suo corto di debutto “Fumiko No Kokuhaku)… mi aspetto decisamente di più.
La storia di Penguin Highway vede come protagonista Aoyama, un ragazzino di 10 anni assai maturo e serio, che ha come abitudine scrivere in diari tutte le cose che ogni giorno incontra, trova, vive, anche i risultati dei suoi esperimenti. In giorno nella sua cittadina vicino al mare incominciano ad apparire dei pinguini, e come misteriosamente arrivano, spariscono nell’aere. Ma un giorno la “sorellona” (l’assistente del dentista di Aoyama) lancia una lattina e questa – come per magia – si trasforma in un pinguino, ed il bambino – ben più che “incuriosito” – decide di investigare e di venir a capo del misterioso fenomeno palmipede…
Il che dovrebbe andare bene se nessuno prova a rifare in claymation famose scene di un famoso film diretto da John Carpenter, presumo.
–Inchiostratura
Uno dei punti di forza e debolezza del film è il protagonista, ma non perchè è il solito “protagonista anime tizio normale, pure troppo”, anzi, ed è bello avere un protagonista con una distinta personalità e motivazioni, non generico e dispensabile, uno intelligente, pure, quindi si evita il rischio dell’idiot plot. Piuttosto, c’è il problema opposto, perchè – appunto, come il protagonista stesso – il film nella prima parte eccede un po’ in verbosità, risultando non troppo prolisso da annoiare, ma comunque quanto basta per infastidire un po’.
Sia chiaro, c’è molto da spiegare e capire sia per il protagonista che per il pubblico, quindi la durata di 2 ore non è arbitraria, non ci sono scene filler per gonfiare il tutto a 120 minuti, e (anche grazie ad ottimi montaggi che velocizzano alcuni momenti) la narrazione non è lenta, ma a volte la trama – come il protagonista – ha un approccio giusto un po’ troppo logico e razionale, che analizza, rivede quanto ha imparato, confronta, collega, etc.
Il terzo atto è stranamente quello più scorrevole, e dove gran parte delle aspettate (e desiderate) visuali creative viste in trailer e pubblicità accadono, dove il film infine da delle risposte vere e proprie ai vari quesiti sollevati fin’ora (e la regia si prende decisamente tempo a questo riguardo), od almeno dà risoluzione ai quesiti più importanti. Se siete il tipo di spettatore che non accetta quando un film di fantascienza non spiega ogni singolo fenomeno e come si incastra, beh, il finale vi frustrerà.
Personalmente mi sta bene che non sia spiegato tutto in questo caso, perchè ha perfettamente senso con il messaggio finale che il film vuole insegnare al suo protagonista ed al suo pubblico. Ed a questo proposito, la “debolezza” a cui accennavo prima, ovvero che il protagonista, Aoyama, è eccessivo nel suo essere metodico e logico. Diciamo che sono contento il film mi faccia sapere che è figlio di uno scienziato (ed in generale un bambino che non si ritiene tale, ma piuttosto un imminente adulto), altrimenti direi che Aoyama ha del potenziale per la carriera di serial killer con qualche complesso di natura sessuale, visto che è preciso al limite del patologico.
Per esempio, c’è una scena in cui Aoyama viene invitato per cena in casa della sorellona” (nel senso che è più grande, è l’assistente del suo dentista e gioca a scacchi con lui, non è sua sorella), ci va, mangia, e quando dopo lei stanca si addormenta, lui (dopo averle portato una coperta) fa un disegno di lei dormiente nel suo diario. …Sono scene come queste in cui forse pensereste che Aoyama è un po’ inquietante, anche se sapete non ha secondi fini laidi, è solo iperlogico e decide di appuntare e di scrivere su quello che gli interessa, se sono persone o fenomeni non importa moltissimo.
Un vero problema è la comicità: ci sono alcuni momenti molto divertenti ma almeno metà delle battute comiche sono stranamente puerili, sulle tette, e dico stranamente per come il film (ed i suoi personaggi) si prendano sul serio. Sì, ho capito che Aoyama è un ragazzino di 10 anni precoce e maturo che vuole fare l’adulto, quindi l’occasionale ricadere su argomenti puerili lo rende più realistico per l’età che ha davvero, ma appunto, c’è il fatto che il protagonista a volte viene fuori come un pervertito ignaro di esserlo.
E davvero, il film esagera con queste battute insipide su “dem bahonkas” (o cose simili), che sembrano lì per cercare di dare levità, per non rendere il tutto eccessivamente serio e complicato, ma sembrano inserite in maniera forzata nel copione, presenti “perchè anime” o perchè “dobbiamo far ridere anche gli idioti”, ed il più delle volte piuttosto che ridere fanno un po’ senso, oltre a male incastrarsi con il resto dei dialoghi e del film.
Potreste pensare che odio Penguin Highway, tutt’altro. É solo che (oltre l’ovvio fatto che questa è una recensione, critica per definizione) abbiamo un buon film che potrebbe essere migliore, ma ha decisamente alcune lacune o difetti non trascurabili, come il fatto che il messaggio finale non sembra davvero insegnare molto al protagonista, che pure impara dalle sue vicissitudini, ma non sembra davvero aver assorbito le lezioni su come comportarsi con le persone in maniera più emotiva e non sempre strettamente logica (un pò un problema vista la natura del racconto). Magari se i personaggi – che non sono Aoyama e “sorellona” – fossero stati meglio caratterizzati ciò sarebbe stato più facile da perdonare, ma questi sono “solo” decenti.
Un peccato che ci siano alcune situazioni o dialoghi che (oltre a prestarsi a battute) non aiutano il film a sviluppare certe tematiche come potrebbe, perchè la sceneggiatura è altrimenti ottima, non prevedibile come pensavo, decisamente ben scritta e capace di tenervi curiosi di vedere come i vari misteri verranno spiegati, su i vari strani avvenimenti che si susseguono. Anche con scene un po’ demoralizzanti o strane come quelle descritte sopra, vorrete eccome vedere dove il film andrà a parare, l’animazione è ottima, i colori idem, ed anche la sorprendentemente variegata colonna sonora di Umitarou Abe ( il tema del film, “Good Night”, è invece cantato da Hikaru Utada) non scherza affatto.
Voglio dire, non è un caso se il romanzo originale ha vinto il premio 2018 del Japan SF Grand Prize, e altrettanto non casuale è il consenso critico positivo in vari festival di cinema (tra cui il Satoshi Kon Award e la ricezione positiva al Fantasia Film Festival).
–Colpi di china
La seconda offerta della stagione 2018/2019 Anime Al Cinema ci porta nel territorio di pinguini quantistici e piccoli geni con ambizione (ed un eccessivo approccio logico a tutto) che devono risolvere misteriosi e bizzarri avvenimenti che coinvolgono in qualche modo l’apparizione degli adorabili palmipedi antartidei in una cittadina giapponese, e che – almeno secondo il giovane protagonista Aoyama – sembrano collegati ad una sua conoscenza.
Ed onestamente penso che la Nexo Digital avrebbe fatto meglio a mostrare prima questo invece di Mirai, perchè il film di Hosoda è decisamente il migliore dei due, che non hanno davvero moltissimo in comune, e quindi non è davvero giusto questo confronto (crudele, si potrebbe dire), visto che questo è il primo lungometraggio per Hiroyasu Ishida (prima d’ora noto per alcuni popolari corti), ed è decisamente un buon film con cui “debuttare”.
Penguin Highway, se commette un “errore”, è che poteva essere ancora meglio, in quanto vi coinvolge con un interessante (ed adorabile, a volte) mistero, con una buona sceneggiatura che vi incuriosisce su cosa possa esserci davvero dietro senza abusare di visuali oniriche e surreali (pur presenti e ben animate dallo Studio Colorido), ma i personaggi o lasciano un po’ a desiderare od in alcune occasioni rendono difficile tifare per loro (quando chiaramente è inteso che dovreste), e la comicità è divertente… quando non abusa di puerili battute sulle tette o cose simili (che sembrano davvero fuori posto con il resto).
Nel complesso, un buon film d’animazione di soggetto formativo, eccome, nonostante i suoi difetti (non enormi, ma sempre difetti) vale la pena vederlo, magari recuperando l’edizione Blu-Ray quando arriva.