GRIND CAFE EX #22: My Clown Valentine

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Perchè nulla mi impedisce di combinare il numero sui clown assassini e quello sugli slasher a tema San Valentino! Sì, per questo mash-up profano non tirerò l’intro per le lunghe, vi dirò solo che parleremo del recente slasher Terrifier, e dell’originale San Valentino Di Sangue di George Mihalka (abbiamo già parlato del remake l’anno scorso), uno dei preferiti di Quentin Tarantino.

Avevo considerato per il numero anche il classico Killer Klowns From Outer Space, che esiste in versione italiana su DVD, ma è fuori catalogo, rarissimo, ed online chiede dagli 80 euro in su, il che mi ha messo di cattivo umore assai. Comunque una buona occasione per parlare di un altro clown assassino che si è fatto notare sulla scena negli ultimi anni, l’adorabile Art. 🙂

*squeaks *

Terrifier 2017.png

Anno: 2017
Titoli Alternativi: Nessuno
Nazione: Stati Uniti
Durata: 1 ora e 16 minuti
Regia: Damien Leone

Scoprii Terrifier per puro caso da un trailer, e facendo un po’ di ricerca notai che via passaparola online aveva incuriosito diversi appassionati di horror, che aveva suscitato un po’ di discussione ed interesse. Non ho fobia dei clown o gli trovo particolarmente spaventosi, ma capisco perchè la sotto-categoria di “clown assassini” esiste, la figura del clown ha decisamente diverse caratteristiche che si possono prestare al cinema horror.

Incuriosito, comprai il dvd inglese (davvero spartano, neanche sottotitoli in inglese per i non udenti) a poco, decidendo di andare essenzialmente a scatola chiusa (non proprio, ma dopo Shark Exorcist sono diventato più…. cauto), con solo il trailer e le citazioni entusiastiche messe in copertina. Ed il film è stato una gradita sorpresa, una piacevolissima scoperta per amanti degli slasher come me.

Prima di continuare è giusto far notare che il film è basato sull’omonimo corto del 2011 del regista Damien Leone, corto che non vidi se non dopo aver visto questo film, ma non la prima volta per Art Il Clown, visto che debuttò nel corto The 9h Circle del 2008 ed ebbe un segmento nell’antologia All Hallow’s Eve del 2011. Non c’è dubbio che Leone ami il suo personaggio, ed abbia lavorato (quasi) esclusivamente su lui, per culminare in questo lungometraggio dove Art è protagonista indiscusso, e maggiore attrazione.

Ma anche senza sapere che il film è una “versione espansa” di un corto precedente del regista, si ha la sensazione che siano state inserite alcune scene per non renderlo solo uccisioni e fughe dei malcapitati inseguiti da Art senza nessun contesto, ma originariamente fosse tutto compattato in un’opera molto più corta. Ancor più visto che la storia è praticamente inesistente, ed in questo caso, non è necessariamente un male, visto che Damien Leone sapeva benissimo, senza dubbi alcuni, cosa voleva mostrare: slasher puro, quasi distillato.

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La trama è davvero riassumibile in breve paragrafo, come questo. Due tizie sgallettate vengono inseguite la notte di Halloween da uno strano clown, Art, vestito da pierrot (con tanto di pittura facciale e tuta che alternano bianco e nero come la tradizionale maschera della Commedia Dell’Arte) che sulle prime sembrano solo strano e “nella parte” del clown muto gesticolante, ma poi continua ad inseguirle perchè vuole ucciderle e farle a pezzi, così come fa con tutti quegli che si parano davanti o lo infastidiscono in qualche maniera. Davvero, tutto qui.

Non c’è nessuno colpo di scena o flashback che spiega i motivi per cui Art uccide la gente, non glie l’ha detto il cane, Dio, o l’ M&Ms verde, non sappiamo mai perchè lo fa, ma d’altro canto molti serial killer non hanno bisogno della “giustificazione per il preside”, ed in questo caso, la mancanza di profondità psicologica al tutto è quasi rinfrescante, perchè diventa chiaro presto che sarebbe stata solo zavorra per quanto il regista voleva fare.

Quindi abbiamo uno slasher che taglia moltissimo del contorno e delle cazzate di solito messe “perchè un film deve durare 90 minuti”, ed essenzialmente offre gore, tortura, inseguimenti da parte dell’assassino e fughe disperate da parte delle vittime, l’essenziale di uno slasher movie, ma fatto davvero benissimo, con uno stile nostalgico degli slasher anni 80, e soprattutto effetti speciali pratici onestamente impressionanti per questo tipo di produzione minore, notevoli.

E se trovate molti degli slasher troppo “castrati” a livello di gore, tranquilli, Terrifier sistemerà cotale appetito, tutt’ora non capita moltissimo di vedere una donna “motosegata” in due… per perpendicolare, diciamo, senza nessun taglio censorio. Art non vuole lasciar vivo nessuno, parecchio, e spara felice un bel colpo in fronte ad alcuni clichè storici dello slasher, non ha interesse alcuno oltre l’uccidere, cacciare e smembrare con un sorriso demente, ma quasi amabile nella sua falsa pantomima di giocosità e di allegria da clown.

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Questo poteva non bastare, ma David Howard Thorton offre una fantastica performance puramente visiva, di fatto muta, e senza dire una parola trasmette benissimo la natura demente e giocosa di Art Il Clown, è un piacere vederlo gigioneggiare a schermo (prima che smembri qualcuno), e di fatto vale la pena vedere il film per la sua performance deliziosa, amabile nella sua devianza, non ruba la scena perchè il palco è pensato per lui, e si fa decisamente voler bene. Al punto che – no, non è uno spoiler – alla fine, nonostante non sia magico/non-morto, Art si sveglia nell’obitorio dopo essersi sparato in testa, uccide il coroner (come un altro slasher villain più noto), e si rialza.

Non c’è motivo, se non il voler vedere Art pronto a sbudellare altri sfortunati idioti in eventuali seguiti, e sapete cosa, è un personaggio carismatico a sufficienza che vorrei vederlo tornare almeno una volta, non necessariamente di più, ma è facile capire come il regista voglia bene al suo killer clown. 🙂

Commento Finale

Sebbene ci sia gran merito a film horror con forti elementi psicologici, profondità e significato, trovo ci sia del merito anche in film che non cercano davvero di dire niente, che sono diretti e non nascondono male quello che vogliono dire dietro una velata pretesa di “non c’è sottotesto o significato da cercare qui”, ma che onestamente vogliono essere diretti, andare al punto, specialmente quando sanno in cosa eccellono e non si impelagano maldestramente in elementi che sanno non poter gestir bene.

Terrifier è forse sì ignorante e semplice, con una premessa iperbasica per uno slasher movie, con una storia pressochè inesistente, e di fatto sono 80 minuti (e poco più) di un clown assassino che insegue due squinzie la notte di Halloween, e poi cerca di ucciderle, facendo altrettanto con chiunque gli capiti davanti, senza risparmiarsi affatto (anzi!) in gore o brutalità. Non c’è davvero altro, ma l’esecuzione ottima e la fantastica performance di David Howard Thorton nei panni del brutale ma gigionesco e carismatico Art Il Clown reggono bene il tutto.

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Se cercate altro, come personaggi ben caratterizzati, storie originali od intriganti, o sottotesto di qualsiasi tipo, non lo troverete qui, decisamente no, ma c’è una sorta di purezza ammirabile nel come il regista Damien Leone abbia approcciato la semplicità assoluta della storia e la mancanza di qualsiasi spessore psicologico, sapeva cosa poteva e voleva fare, e l’ha fatto davvero bene, con sincerità e senza impantanarsi in elementi verso i quali non ha interesse.

Un b-movie, un film totalmente di genere, sì, ma che b-movie, signori!

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Anno: 1981
Titoli Alternativi: Il Giorno Di San Valentino,
Meurtres à la St-Valentin
Nazione: Canada
Durata: 1 ora e 30 minuti
Regia: George Mihalka

Dopo aver recensito il remake l’anno scorso (e la vista la strana mancanza di slasher su questo tema a parte questo, il suddetto remake ed un altro paio di film), è il momento di parlare dell’originale My Bloody Valentine (disponibile su dvd in italiano, ovviamente con un titolo diverso), che ha un sorprendente seguito di fan, ed è divenuto un film di culto minore, uno dei preferiti di Tarantino, pure.

Avendo visto prima il remake e notando che la storia non cambiava moltissimo tra originale e remake, mi chiedevo se il film di George Mihalka fosse davvero notevolmente migliore, o se fosse semplicemente un “fan favourite” di molti amanti del genere rinforzato da nostalgia verso quell’epoca di slasher movies. Voglio dire, anche roba come Sleepaway Camp ha un suo seguito, abbastanza da essere ricordata per sketch di Robot Chicken, ma solo per il twist finale, perchè anche il primo film della serie era assai bruttino.

Ma torniamo in argomento, e parliamo della trama. Nella cittadina mineraria di Valentine Bluffs sta per aver luogo il tradizionale Ballo di S. Valentino, che non accadeva da decenni a causa di un incidente nella miniera, con la disattenzione di due supervisori che bloccò cinque minatori nelle cave per settimane a causa di un’esplosione (dovuta all’eccessivo livello di metano). L’unico sopravvissuto fu Harry Warden, costretto al cannibalismo ed impazzito, che prima di venir internato uccise i due supervisori responsabili e giurò che avrebbe colpito di nuovo se il Ballo di S. Valentino avesse nuovamente preso luogo.

20 anni dopo, lo sceriffo riceve una scatola di cioccolatini a forma di cuore, con dentro non confezioni cioccolatose ma un cuore umano, e la minaccia che gli omicidi sarebbe continuati se il ballo di S. Valentino dovesse prender luogo. Lo sceriffo non è il solo a ricordarsi degli omicidi di 20 anni fa, ma a nulla servono gli avvertimenti da uccellaccio del malaugurio del barista ai “giovini”, che credono siano solo storielle ed hanno voglia di festeggiare con birra e coito, in barba al fantasma di Harry Warden.

Il quale a sua volta vuol fare conoscenze… agitando il suo piccone, che è simbolico, ovvio.

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Se questo suona come un tipico slasher anni 80 a basso costo che andavano di voga in quel periodo (a causa di altri film del genere molto più noti che erano venuti prima e si erano rivelati successi, critici o di botteghino)…..beh, sì, assolutamente, sì! Voglio dire, questo è un film che inizia con gente che scopa vestita (beh, inizialmente, almeno) in tenuta da minatore, prima dell’inevitabile serial killer interruptus con gore, per far capire subito che non siete a vedere l’episodio in miniera dei Carebears.

Sì, indubbiamente My Bloody Valentine è un prodotto della sua epoca nato per cavalcare il trend degli slasher, ma c’è un motivo per cui è ricordato con affetto e si è fatto un seguito nel tempo, è ricordato nell’oceano di film del genere: è un buon slasher movie, molto più di quanto potreste pensare a giudicare dalla trama molto tipica che si limita ad offrire una variante tematica e di scenario (cittadina mineraria invece dei sobborghi od campus universitario).

D’altronde il film ha tutto quello che gli aficionado del genere cercano in uno slasher, tra uccisioni grafiche (che vanno ricontestualizzate all’epoca, in quanto oggi non hanno lo stesso effetto) ed a volte anche creative, gore abbondante (cuori strappati, pezzi di cadaveri in frigo, etc.), alcuni graditi clichè come il vecchiaccio di turno che avverte di non andare lì o fare quello che poi ci morite, ed un colpo di scena finale.

Prima di parlare del twist, però, i personaggi. Contrariamente a quanto potreste pensare (visto che è sempre più facile scrivere personaggi odiosi da far uccidere al killer per una dozzinale catarsi), i personaggi qui sono gradevoli, simpatici ed amabili, e no, non sono teenager, stavolta il casting non ha un’implicita targhetta “ciao, ho 15/16 anni, non metterlo in discussione”, anche se ricadono sempre in vari stereotipi, come il tizio esagerato che vuole fare festa e fare il buffone di continuo, ed il ragazzo un po’ misterioso, che stavolta è usato sia come aringa rossa (in quanto se n’è andato via da quella città da anni e solo ora torna), sia come parte di un triangolo amoroso tra lui, la sua vecchia ragazza, ed il suo nuovo ragazzo, che è anche un amico di sempre di lui.

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Attenzione, però, sono sempre un po’ stupidi, altrimenti Harry Warden avrebbe un lavoro più difficile, ma – presumo anche perchè non sono teenager, sono ventenni – non sono stupidi od odiosi, hanno un minimo di buon senso e maturità in varie situazioni, e non ci sono situazioni fatte apposta per fargli sembrare più idioti. Che piacevole sorpresa, davvero, e gli attori decisamente si impegnano, a volte notabilmente troppo, ma apprezzo lo spirito, anche quando il risultato è un pelo sopra le righe.

Per quanto riguarda il killer, Harry Warden è decisamente un caso di puro stile e presentazione più che sostanza e motivazione, visto che non ci sono esattamente altri killer vestiti da minatori e che usano strumenti da lavoro come piccone e ferri per inserire la dinamite (e la miniera è un ambiente poco usato ma molto adattato per l’horror), ma Harry ha decisamente un senso dell’umorismo, viste cose come la storpiatura slasher de “le rose sono rosse” che lascia nei bigliettini di San Valentino, o roba come la kill del wurstel bollito.

Ok, il colpo di scena finale, che ovviamente non rivelerò. Non è particolarmente scioccante in sé (e pensandoci sopra non spiega davvero tutto tutto), ma è davvero ben eseguito, anche avendo visto il remake (che opta per una simile ma non identica risoluzione), sono rimasto sorpreso da come bene la regia non renda subito ovvio chi sia dietro la maschera da minatore, senza dare dettagli da cui dedurre facilmente l’assassino, rivelando più cose via un flashback esteso negli ultimi minuti, ed un finale aperto (circa) che lasciava un po’ di spazio per un eventuale seguito (oltre ad un ottimo tema per il personaggio di Harry Warden usato durante i crediti), che non accadde.

Un simile scenario si ripetè anche con il reboot/remake del 2009, il quale aveva un finale molto più aperto, ma in un decennio non ha ricevuto seguiti o remake, né ci sono progetti a riguardo. E va bene così. Abbiamo abbastanza remake e reboot di film vecchi neanche 10 anni, anche remake di serie che hanno avuto una serie di seguiti nei decenni e continuano tutt’ora, come Child’s Play, che ha ricevuto un nuovo film nel 2017 (Cult Of Chucky) e per qualche motivo ha un reboot imminente. Possiamo vivere senza un altro remake di My Bloody Valentine. Possiamo eccome.

Commento Finale

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Sebbene non definirei l’originale My Bloody Valentine “il miglior slasher di tutti i tempi” come fatto dal vecchio Quentin Tarantino, è assai probabile che finirebbe in una mia lista dei migliori slasher movies (non necessariamente solo anni 80), perchè è assai ben fatto, molto più di quanto potreste pensare per un film girato in fretta (e con soldi dei contribuenti canadesi, il che irritò alcuni) e chiaramente creato per seguire l’onda di altri slasher a basso costo dell’epoca, molto più noti, meglio recensiti o più proficui.

Ma per un prodotto chiaramente figlio del suo tempo, il film di George Mihalka è una piacevolissima sorpresa, non una pellicola seminale, ma una con tutti gli elementi di uno slasher che i fan del genere amano, come kill grafiche e creative, un bel po’ di gore, un assassino con stile ed un senso dell’umorismo, oltre ad un colpo di scena finale ben riuscito, e non così prevedibile come potreste pensare.

Sebbene la storia sia assai tipica per uno slasher movie, ed offra una semplice variante tematica e di scenario (qui una cittadina mineraria invece del college o simile ambientazione scolastica), l’esecuzione è assai buona, e – in aggiunta a quando detto sopra – c’è un po’ di atmosfera ed i personaggi sono a sorpresa assai gradevoli, simpatici ed amabili, un po’ idioti ma con un briciolo di buon senso, e sono ventenni, non teenager scassacazzo resi odiosi apposta, cosa assai rara per l’epoca.

Quindi sì, lo status di film di culto per l’originale San Valentino Di Sangue (anche se in Italia non fu chiamato così, troppo logico) non è affatto immeritato, ribadisco che non è un capolavoro, ma è un buon, buon film di genere, ed onestamente è migliore del remake con Jensen Ackles (sì, Dean Winchester) uscito nel 2009, non un brutto film in sè, ma un esempio di come budget più elevati non garantiscano da soli un buon film horror.

Consigliato!

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