Anno: 2006
Titolo Originale: Black Christmas
Titoli Alternativi:
Un Natale Rosso Sangue – Black Christmas, Black X-Mas, Gritos en la oscuridad
Nazione: Canada/Stati Uniti
Durata: 1 ora e 15 minuti
Regia: Glen Morgan
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Con il nuovo remake in arrivo nelle sale questo 12 dicembre, direi che è venuto il momento di dare una seconda chance a quello che ora è il primo remake/rifacimento/reboot/riuso di Black Christmas, ed il senno di poi maturato in 13 anni di distanza dovrebbe aiutare in qualche maniera. Non ho il tempo di rivisitare l’originale di Bob Clark, ma ho già recensito entrambi (originale e remake 2006) anni fa, e non ho nulla di particolarmente nuovo od interessante da dire sul film del 1974, se non che continua ad essere uno slasher classico, uno dei migliori, invecchiato come il vino, addirittura.
Se non altro, questo remake del 2006 non è così pigro come prevedibile, ed innegabilmente tenta concentrandosi su un elemento che il film originale aveva avuto le notevoli palle d’acciaio a tener segreto: il killer omicida. Come probabilmente già sapete, in una mossa che tutt’ora è incredibile per uno slasher movie, nell’originale Black Christmas il killer veniva tenuto nascosto completamente allo spettatore, solo udito nelle oscene telefonata fatte alle ragazze della confraternita, presente come un’inquietante occhio nel buio e via POV, ma la sua figura od identità mai rivelata, anche a fine film è un mistero così come i suoi motivi.
Quindi fare il remake ponendo enfasi proprio sul killer e sui retroscena suoi è una scelta tutt’altro che banale per un rifacimento di Black Christmas. Certo, inevitabilmente rende meno misterioso il villain omicida, ma c’è uno spunto potenzialmente interessante, sebbene inevitabilmente venga da chiedersi se era davvero necessario, il che porta a domande futili sulla necessità dei remake, della necessità come motore dell’industria cinematografica, con altrettanto futili risposte (condensabili in un bel “No”).

Ora sì che è Natale.
La trama è essenzialmente identica al film del 1974, che ha a sua volta era prototipale per lo slasher movie, influenzando Halloween di Carpenter e creando al contempo l’intero sottogenere dell’horror natalizio, e quindi la poca storia può essere riassunta facilmente in “le ragazze di una sorellanza si trovano assediate ed uccise da un misterioso killer alla vigilia di Natale”. Raramente gli slasher movie hanno grandi o complesse trame (ancor meno nel caso di remake), e vivono di premesse “snelle e dirette”, quindi tutto come previsto fin qui.
Va ribadito che un remake di un classico horror che decide di prendere uno dei punti di forza dell’originale e di fare l’opposto… sembra cercare di sabotarsi da solo in maniera spettacolare ed immediata, un legarsi ai binari del treno senza bisogno di villani con baffo a bicicletta e tuba. C’è una sorta di coraggio da suicida nel dedicare il remake di Black Christmas (di tutti gli slasher possibili) all’assassino, non solo dandogli una faccia, un nome, ma anche un’intera backstory, ed ammiro questa stupida dimostrazione di coraggio, di bravado.
Ancor più perchè non è cosa spiegata nell’ultima mezz’ora, no no, il film inizia raccontando di come Billy Lenz, rinchiuso in un sanatorio per aver ucciso la sua famiglia decenni prima, proprio alla vigilia di natale, e nei primi 5 minuti avete un po’ di backstory su Billy (colpito da una malattia che lo fa sembrare il figlio di Yellow Bastard di Sin City) e la sua orrenda famiglia, che per casualità abitava in quella che è ora una sorellanza usata come casa famiglia, che però ha la bizzarra (e contestata, fortunatamente) tradizione di lasciare – come sorta di scaramanzia – un regalo a Billy “ Bulbo Oculare” Lenz sotto l’albero.
Senza andare in territorio spoiler, sì, come potete ben capire, il film (pur elaborando alcune cose dell’originale) non tenta di emulare il film del 1974, ma di usare la premessa per fare quello che gli pare senza troppo dipendere da essa, tanto che la storia ha un tocco… diciamo à-la Mother’s Day, o – visto lo scenario natalizio – à-la Elves, sì, quello con un goblin-elfo, rituali satanici e nazisti, cose che NON sono in questo film, non che dovrebbero esserci in Black Chrismas, o infilati a caso in altri film, se per quello.

Ah, sì lo special natalizio di Sin City.
Certo, alcuni elementi rimangono, come le telefonate fatte alle ragazze (che qui quasi si ride), una sequenza in POV od avere l’istituto di sanità mentale Clark, ma non sono molte e generalmente non fanno altro che farvi apprezzare di più l’originale, quindi ha senso il film non si basi su esso, ma sull’essere uno slasher natalizio suo, che avrebbe funzionato comunque senza dipendere troppo dall’originale, tenendone il titolo per marketing e poco altro.
Ma attenzione, non intendo suggerire che “Black Christmas 2006” vada giudicato per quello che è per pietà, perchè è comunque un buon slasher natalizio di suo, la sceneggiatura è migliore del previsto (con un buon twist finale, ben preparato decisamente, che porta ad un buon confronto/inseguimento finale), i personaggi sono decenti, il cast non è pieno di volti e nomi celebri (anche se Andrea Martin ritorna dall’originale, qui come padrona di casa) ma è tutt’altro che lamentabile, vista la caratterizzazione solida, sebbene non solidissima, ma – siamo onesti – neanche l’originale era scevro di clichè e stereotipi, amati o meno.
Una cosa che decisamente non manca a questo remake/reimmaginazione di Black Christmas è decisamente il gore, che non si fa attendere già nel prologo, e rimane una costante brutale per tutto il film, tra il classico strangolamento/soffocamento via sacco della spazzatura, perforazioni via oggetti natalizi appuntiti, anche un po’ di cannibalismo, ma soprattutto un odio feroce verso i bulbi oculari (che stanno poco nella sede preposta) da far sentire fiero Lucio Fulci. Buoni effetti pratici, pure. Non un sostituto per un atmosfera inquietante, certo, ma chiaramente la regia aveva poco interesse in un crescendo atmosferico.
E d’altronde i paragoni con l’originale – come spesso capita in questi casi – sono raramente a vantaggio del remake o sequel, o necessari da ribadire, francamente, visto che questa non è un’eccezione alla regola, ma merita comunque giudizi molto meno sommari come quelli ricevuti all’epoca. Specialmente visto quanto è cosciente di come sarebbe futile cercare di replicare il film di Clark, e piuttosto lo usa come base su cui offrire una variazione personale, una dichiarazione di intenti resa assai palese fin da subito, visto come si focalizza sul personaggio dell’assassino e la sua storia, cercando di renderlo vagamente simpatetico, scelta coraggiosa e tutt’altro che banale per un remake di Black Christmas.
Concludendo, Black Christmas 2006 non era necessario, sì, ma quello di Glen Morgan (meglio noto come scrittore e produttore per X-Files e la serie di Final Destination) è anche un buon slasher a tema festivo della prima decade 2000, destinato ad essere bistrattato causa l’inevitabile legame al superiore classico del 1974, ma merita una seconda chance, in quanto ha valore proprio come film oltre quello riflesso (più utile al marketing che altro) dall’amata opera di Bob Clark, ed è molto meglio dei numerosi emuli sia dell’originale Black Christmas, sia della recente krampusxploitation.
Quindi, per quanto strano possa sembrare, se siete curiosi di questo remake di Black Christmas e non avete particolare fiducia in quello nuovo che arriverà a giorni nelle sale italiane… dategli un’occhiata, anche se dovrete fare i salmoni, visto che al momento non è su Netflix, Amazon Prime Video, Now TV (e dubito su altri), ma c’è una versione DVD italiana trovabile con relativa facilità e senza grosse spese, se foste interessati, MA va fatto notare che la versione europea manca di 7 minuti presenti nell’edizione americana. Esiste un’edizione Blu Ray tedesca con entrambi i tagli, se non altro.
Una risposta a "GRIND CAFE R #7: Black Christmas (2006)"