[EXPRESSO] Child’s Play/La Bambola Assassina (2019) | Best Buddi

La Bambola Assassina 2019 locandina

Non sono affatto un esperto della serie Child’s Play, la conosco solo superficialmente, mai attirato tanto, non trovo bambole e similia particolarmente spaventose. Ma rimasi sorpreso dall’annuncio di un remake, per una serie semplicemente creata e continuata da Don Mancini con seguiti diretti dal 1988. Almeno fino ad ora, con questo remake voluto solo dagli studios, e con Lars Klevberg (Polaroid) alla regia.

Un remake non necessario, che ultimamente condivide con il film originale solo il nome e l’eponima bambola assassino, ma per il resto è una cosa a parte, con setting moderno e la bambola in realtà un robot da compagnia chiamato “Buddi”, che mantiene il design da “bambolotto pel di carota e salopette” di Chucky, ma è hi-tech, pure dotato di un’IA adattativa che gli permette di apprendere per meglio svolgere le sue funzioni da “miglior amico”.

Peccato che uno di questi Buddi sia “difettato”, e finisca nelle mani di un bambino solitario che si è appena trasferito con la sua giovanissima madre single in un nuovo quartiere, che si affeziona a Chucky ma si ritrova a dover cercare di fermarlo quando sviluppa una natura violenta ed apprende fin troppo.

Quindi immaginatevi la mia sorpresa nel vederlo e scoprire che è un buon slasher in sé, sicuramente più di quanto mi aspettavo, visto il concetto un po’ stupidotto di suo con cui deve lavorare (e l’inizio è stupido, sotto più aspetti), ma la sceneggiatura è più che decente, il gore buono, i personaggi gradevoli e comprensibili, e vengono sfruttati gli elementi tecnologici moderni della bambola/robot per renderla più credibile come killer minaccioso, visto il tono generalmente più serio del previsto.

Nulla di incredibile od originale, ma preso per quello che è intrattiene molto bene, e scorre fluido nonostante le quasi due ore di durata. Assai soddisfacente, sebbene “apocrifo”.

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[EXPRESSO] Polaroid (2017) | Fráme Fatale

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Un altro film horror uscito anni fa che solo ora arriva nelle sale italiane, come parte dell’offerta horror estiva. Ed uno basato sull’omonimo corto del 2015 del regista norvegese Lars Klevberg.

Di per sé la mutazione/metamorfosi di un progetto inteso come cortometraggio in lungometraggio non è brutto (o buon) presagio, né è particolarmente rara, ma tenendo questo in mente, non sorprende che il risultato sappia un po’ del classico brodo allungato, ma d’altro canto se non mi fosse stato detto ciò, non l’avrei notato subito.

La trama è una tipica storia di oggetti maledetti, una dal gusto di inizio 2000 (in più di un senso) ma che ha motivo di essere ambientata in uno scenario, poiché verte su un vecchio modello di fotocamera Polaroid, ottenuto dalla timida protagonista Sarah, fotografa in erba e futura studente di giornalismo, grazie al suo lavorare in negozio di antiquariato. La macchina fotografica infatti presenta una “macchia” di forma umana su ogni foto che produce, ed i soggetti delle foto incominciano a venire uccisi in maniera misteriosa, costringendo Sarah ed i suoi amici a cercarne di venire a capo prima che sia il loro turno.

Ed è…. molto nella media. Ha i suoi momenti buoni (come un buon, buon jumpscare), recitazioni decenti, c’è un po’ di creatività nella creatura (mostri basati sulla fotografia sono assai rari), ma ci sono altrettanti momenti clichè e stupidotti, personaggi abbastanza stereotipati, c’è una quasi comica ed una sceneggiatura che ha qualcosina in più del previsto… che però sembra messa lì per tirare per le lunghe il tutto. Non che sia un film lungo, anzi, ma nonostante ciò è comunque scorrevole e la risoluzione finale pare abbastanza conclusiva.

Polaroid è un film horror molto standard, servizievole ma non memorabile. Ho visto molto peggio, e molto meglio. Decisamente guardabile, se non altro.

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