[EXPRESSO] Mute (2018) | Amish Cyberpunk Action

Mute 2018 locandina

Con la mia conoscenza di Duncan Jones limitata a quel film di Warcraft, ho approcciato Mute con tiepida speranza, perchè essere un’esclusiva Netflix non significa nulla di per sé.

Siamo in una Berlino futuristica, in fondo non dev’essere sempre Tokyo o Los Angeles, anche se l’estetica cyberpunk (con neon, ologrammi ed auto volanti) è talmente tipica da rendere vestigiale che sia Berlino, se non per ricollegarsi al nostro protagonista. Leo (Alexander Skarsgard) è muto a causa di un incidente accadutogli da bambino, situazione in cui è rimasto nonostante la tecnologia a disposizione, poiché è amish e ciò andrebbe contro la sua fede. Quando la ragazza con cui si vedeva scompare dalla circolazione, Leo decide di guadare nella malavita locale alla sua ricerca, e lasciar parlare le sue azioni.

Sembra una tipica storia di vendetta sullo sfondo di una città futuristica… e lo è. Avere un protagonista muto cambia relativamente poco, non esattamente il massimo per un film che decide di trattare questo argomento, ma non è tanto questo il problema, piuttosto l’inconsistente e sghembo ritmo della narrazione, con scene dedicate ai personaggi secondari che prendono più spazio rispetto alla trama principale, e rivelazioni che accadono via “montaggi flashback” in cui il protagonista si ricorda di cose…. che avrebbe dovuto ricordarsi molto prima (quando non mostrano cose utili solo al pubblico, non ai personaggi), e che accadono rapidissimi, al contrario di altre scene medio-lunghe che non vanno da nessuna parte.

Non scherzo quando la storia più interessante è quella che coinvolge personaggi secondari, due chirurghi americani interpretati da Paul Rudd e Justin Heroux, vi sentirete molto più coinvolti nella loro amicizia e guai che in quelli del discutibile protagonista.

Mute non è un brutto film, ha delle buone visuali e dei buoni personaggi, ma anche diversi problemi tutt’altro che minori. Peccato.

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