[EXPRESSO] Van Gogh E Il Giappone (2019) | Big In Japan

Van Gogh E Il Giappone 2019 locandina italiana.jpgVincent Van Gogh è decisamente uno degli artisti più rappresentati e ri-raccontati dal cinema, e continua ad esserlo, anche in tempi recenti, con film d’animazione come Loving Vincent, drammatizzazioni come Van Gogh – Alla Soglia dell’Eternità. Questo nuovo docufilm non vuole ri-raccontare la vita di Vincent Van Gogh, ma si focalizza sul rapporto che l’artista olandese ebbe con l’arte giapponese, come il titolo rende ben chiaro.

Se avete seguito un percorso di studi umanistico, c’è alta probabilità che siate già coperti su questo argomento, in abbondanza, e va detto che se decideste di farci un drinking game con una sorsata ogni volta che viene detto “giappone” o “giapponismo”, il coma etilico sarebbe raggiunto ben prima di metà film. È un peccato che ultimamente la sceneggiatura dia al tutto un senso di ridondanza tutt’altro che trascurabile, perchè il documentario ben esplora la estrema fascinazione di Vincent Van Gogh verso l’arte giapponese, il contesto storico e sociale in cui diventò ispirazione per il movimento impressionistico, e come nutrì e arricchì lo stile e la filosofia pittorica di Vincent.

Mette anche in luce elementi tutt’altro che ovvi o noti, come il particolare rapporto postumo che si venì a creare tra Vincent ed il giappone stesso, che lo scopri e ricambiò la forte passione ed ammirazione, via interventi di storici dell’arte di vari paesi, anche artisti contemporanei nipponici. Peccato che il risultato finale sia un po’ pedissequo, per eventi e fatti che sono già stati narrati innumerevoli volte sia in documentari che lungometraggi narrativi, e una regia più asciutta del previsto, anche per il genere.

E mi spiace, ma i dialoghi andavano passati con un rastrello dei sinonimi e contrari, ed una grossa falce per evitare la stancante e quasi parodica densità di “giappone” e parole derivate ripetute più volte nel giro di pochi minuti.

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[EXPRESSO] Van Gogh – Sulla Soglia Dell’Eternità (2018) | Mess On The Canvas

Van Gogh At Eternity's Gate 2018 locandina.jpg

Anni di rinnovato interesse per la vita di Van Gogh sembrano questi, dopo il meraviglioso Loving Vincent del 2017, il documentario Van Gogh – Tra Il Grano Ed Il Cielo (che non ho ancora visto), ed ora un altro lungometraggio, diretto da Julian Schnabel, con un superbo cast che comprende William Dafoe (nei panni di Vincent Van Gogh), Oscar Isaac (nei panni di Gauguin), ed anche Mads Mikkelsen.

Una prospettiva promettente che però non è ben realizzata, con una regia strana, che sembra conoscere solo 2 marce, cioè lunghe scene di dialogo (inquadrate quasi interamente con attori che guardano dritti allo spettatore/personaggio) che portano a relativamente poco, e scene in cui succede qualcosa/tutto in pochi confusionari secondi, lasciandovi basiti su cosa sia successo, ancor più quando la scena successiva…. è qualcuno che spiega a Vincent cosa è successo.

Oserei suggerire che magari – essendo un film – sarebbe stato meglio farmi vedere,ma la sceneggiatura abusa dello status mentale sempre vacillante (e del continuo ubriacarsi) di Vincent per evitare di mostrare eventi… che non sempre vengono spiegati dopo. Quando i “turbo segmenti” non sorprendono per come sembrano provenire da un diverso film (o diretti da un’altra persona), non lo stesso che ha dedicato scene solo ad un felice “Vincent Defoe” che esplora gioioso la brulla natura, godendo beato di semplicità in cui esso vede qualcosa di divino.

Questo film ha i suoi momenti, ce gli ha, ma è difficile apprezzargli con scelte di regia molto discutibili, oltre a personaggi e dialoghi strani, con ogni personaggio non dalla parte di Vincent che sembra avere una sezione commenti piena di critica ignorante e burina da fare sulla sua arte, ostili in maniera così caricaturale che sembra tutto random, ancor più visto che non ci sono dati motivi validi per crederlo.

Non lo consiglio. 😦

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[EXPRESSO] Loving Vincent (2017)

Loving Vincent 2017 locandina

È trito criticismo definire qualcosa come una “lettera d’amore” od usare simili analogie.

Diavolo se lo è.

Ma tutto di Loving Vincent è colmo di malinconico, commosso, di genuino e umano amore, di passione pura. Pubblicizzato come il primo film interamente dipinto su tela, l’opera dretta da Dorotha Kobiela fa un originale uso della stop motion, in quanto ha usato attori come soggetto per creare veri dipinti su tela da poi usare come “frame” per animare il tutto. É davvero come vedere una collezione di dipinti di Van Gogh – alcuni mai esistiti – prendere vita pulsante e raccontare una storia, con un’animazione di qualità superba, con cura maniacale dei dettagli nel replicare l’inconfondibile stile del pittore olandese.

Nel caso aveste dubbi, sì, c’è una storia a “giustificare” il meraviglioso lavoro fatto da centinaia di artisti (che devono andare fieri del risultato), e verte su Marion, il figlio di un postino che è incaricato dal padre di consegnare di persona una lettera di Van Gogh (morto un anno prima) al fratello Theo, e viene mandato ad Auvers per fare ciò. Una volta là le cose si complicano, e consegnare la lettera diventa sempre più difficile quando cerca informazioni da persone che conoscevano Vincent e riceve fatti e opinioni contraddittorie, portandolo a ripercorrere i passi del pittore per provare a capire chi mai era stato questo strano individuo sempre con tela e pennello in mano, ora amato ora reietto.

Fortunatamente il film non prova neanche a fare da biografia o raccontare una (incerta) verità dei fatti, ma si concentra sulla vicenda umana del pittore, su quella che fu davvero una vita complicata, immersa dalle avversità e dai problemi, interessante ma colma di triste e malinconica bellezza, che l’abbiate studiato fino alla morte a scuola d’arte o meno.

Davvero toccante ed umano.

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